Fuori programma durante la visita dei reali a Cagliari.
Nell’aprile 1899 il re Umberto e la regina Margherita sbarcarono a Cagliari dove furono accolti con
gran pompa: salve di cannone, una schiera di personaggi variamente autorevoli e di dame in vesti
quanto possibile sontuose, alte uniformi, fanfare, e infine un gran corteo di carrozze che dal porto
si inerpicò fino al palazzo viceregio, residenza dei sovrani.
Nei giorni seguenti, fra parate, pranzi di gala e ricevimenti, visitarono gran parte della Sardegna.
A Cagliari presenziarono alla posa della prima pietra del nuovo palazzo comunale, a Sassari
all’inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II e alla prima Cavalcata sarda.
Visitarono miniere ed ospedali, ricevettero suppliche e doni, risposero a centinaia d’inchini,
strinsero innumerevoli mani.
Vi fu, però, anche un evento luttuoso. Il 14 aprile, proprio mentre partiva il treno reale che portava
appunto a Sassari Umberto e Margherita, nella stazione di Cagliari crollò, quasi sui binari, il
parapetto d’un terrazzo sul quale s’erano accalcate in numero eccessivo, per assistere dall’alto alla
partenza dei reali, le giovani allieve d’un convitto: morì, travolto dal crollo, un facchino che ebbe la
sfortuna di passare lì sotto in quel momento; restarono ferite alcune ragazze precipitate anch’esse
nel vuoto.
Il re e la regina fermarono il corteo per prestare personalmente soccorso alle malcapitate
studentesse.
Ma ad onta di quello sfortunato incidente, la visita reale procedette nel migliore dei modi, con
piena soddisfazione di tutti.
Inaugurazione e primo viaggio sulla linea Sassari‐Cagliari
Alla presenza del Ministro dei Lavori Pubblici, on. Baccarini, ed una folta schiera di autorità viene
inaugurata, il 1° luglio 1880, la linea ferroviaria da Sassari a Cagliari.
Il treno inaugurale prende il via da Sassari alle ore 7 del mattino fra i calorosi applausi della
popolazione e dopo numerose anche se brevi fermate nelle stazioni intermedie, il treno entra
nella stazione di Macomer, capoluogo nel Marghine.
Il convoglio denominato “Salon”, mosso dalla locomotiva “Dante”, giunge a Macomer a mezzodì,
atteso alla stazione da una folla plaudente ed acclamante.
La Stazione è addobbata a festa e le bande cittadine di Cagliari e Sassari suonano la marcia reale e
l’inno “God save the Queen”.
Dopo le presentazioni di rito S.E. il Ministro si mostra gratissimo della festosa accoglienza alla
quale segue un banchetto con duecento coperti.
Si vedono gli antichi stemmi di diverse città dell’Isola, nonché bandiere italiane e inglesi, come
pure vi sono eleganti trofei ed insegne del lavoro.
Il direttore delle Reali Epaminonda Segrè ringrazia e afferma che Macomer diventerà centro
commerciale ed industriale, invitando a bere alla salute del Re, del Parlamento ed alla prosperità
della Sardegna.
I sindaci di Sassari e Cagliari ribadiscono i vincoli di solidarietà e simpatia che legano le città sorelle
superando i vecchi e dannosi campanilismi.
Prende la parola il ministro Baccarini che fa il punto sulla costruzione delle strade ferrate e su
quella dei porti ad esse collegate e dichiara ch’egli sosterrà le sue idee dal banco di deputato,
quando non le potesse esplicare dal seggio di ministro, ricevendo in cambio gli applausi
entusiastici dei presenti.
Parlano in seguito il cav. Satta Musio e l’ing. Piercy, quest’ultimo facendo la storia della
costruzione delle ferrovie, dimostrando come l’attività da lui messa in atto sia stata fatta in stretta
collaborazione con la Compagnia Reale.
Alle 5,30 si annunzia la partenza ed il treno, fra gli applausi, riprende la marcia, passando
attraverso le stazioni di Borore, Solarussa, Abbasanta, Simaxis e, all’arrivo alla stazione di Oristano,
sosta con ulteriori festeggiamenti.
Si continua il viaggio fino a Cagliari con una grande e festosa accoglienza degli abitanti del
capoluogo isolano che, pur arrivando il treno verso mezzanotte, sono a migliaia presenti mentre il
cielo è illuminato da bellissimi fuochi artificiali.
Nel prossimo post pubblicheremo alcune poesie che dei colleghi ferrovieri hanno voluto dedicare
ad alcuni momenti od oggetti che hanno avuto un particolare significato
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Eccoci ad una parte appena diversa.
I ferrovieri potrebbero apparire come persone burbere, tutte concentrate sul lavoro e sui mezzi, poco inclini a lasciar trasparire le emozioni e alla poesia.
Non è così, dietro all’apparente scorza di persone dure e severe in realtà albergano sentimenti e passione, come appare chiaramente da queste due poesie.
Lettera a un'amica
Cara amica, non meravigliarti se prendo questa decisione dopo tanto tempo, il fatto è che con l’andar del tempo i ricordi sono un po’ offuscati, si accavallano e creano una tale confusione che i ricordi, forse i più belli, restano nascosti in qualche angolino della memoria.
Ieri, per caso, ti ho rivista, lustrata bene sì, ma in un binario morto nella stazione, inanimata come un monumento simbolo di potenza del passato, oggi solo per fare mostra!
Io sì, nel vederti, ho sentito un tonfo al cuore, quanti ricordi in un attimo!
Tutto il tempo che siamo stati amici, tanti anni vissuti insieme.
Ti ho rivista sbuffante e fiera tra pianure e monti ed arrancare un po’ nelle salite.
Bastava un tocco lieve come una carezza e subito ti riprendevi e arrivavi al culmine.
Poi quasi per rifarti volevi correre, correre ed io, tremante di paura, ti frenavo per portarti al giusto passo, giù per le discese e nei tornanti.
Quanti amici a salutarci nel transitare!
Casellanti, dirigenti, contadini... e tu rispondevi con un fischio prolungato che risuonava in tutta la vallata come un ciao, un arrivederci.
Cara amica, com’è triste rivederti inerte, senza un fil di fumo né battiti scanditi a ritmo, come i battiti del cuore, né un viso nero con la divisa unta del tuo grasso che ti gira attorno con una chiave, un martello “pipa” in mano.
Ti ho guardata, girato intorno con ricordi di tanta gente, partenze, arrivi, soste ....
Chissà quanti addii e pianti di chi lasciava la propria terra in cerca di un lavoro più sicuro e ritorni pieni di gioia!
Tu non puoi ascoltarmi, ma col cuore voglio ugualmente dirti: grazie!
Grazie per i ricordi che, per un solo istante, mi hai fatto rivivere.
Cagliari, in un giorno di nostalgia. Efisio Sarritzu
Dentro questa borsa svuotata (ti lascio tutto)
Dentro questa borsa svuotata mi è rimasta la poesia del commiato per questa parte di vita
trascorsa insieme e spesa cercando quel pane impastato con la farina macinata nell'andirivieni degli uomini azzurri che trascinano l’esistenza correndo dentro le giostre di ferro ribadito.
Il tempo se n’è andato come fiume in pianura, lentamente, rivo che è scivolato di fianco al verde.
Lanterna, M.80, petardi... Tra treni e treni, ricordi di stupore...
Ed oggi amaro sapore di pianto, negli occhi colmi di lacrime, al vedere
il temperino col quale pulii l’arancia divisa col compagno in dormitorio, la notte di Natale di un inverno di freddo e di vento.
Ti lascio tutto. Nel candore dei muri della stanza ove dormi ti scrivo dappertutto auguri di buona fortuna.
Ti lascio la buona sorte per le notti senza luna da trascorrere sveglio, avvolto da brezze fredde leggendo orari con occhi assonnati.
Ti lascio tutto il fresco mattutino, l'aroma del caffè di albe pregne di luce e di pace. Tramonti sereni e mille e mille treni per correre dentro notti di chiarore.
Ti lascio col dolore sottile di chi ha amato e andando via ha lasciato in questa borsa pesante e leggera due lacrime, poste sulla bandiera della grande famiglia del treno.
Buona sorte compagno di viaggio, vai, sereno.
Vincenzo Pisanu - Cagliari
Continuate a seguirci con il solito affetto, continueremo a raccontare il mondo della ferrovia in tutti i suoi aspetti.
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Dal 2018 la nostra Associazione collabora con la Polifonica Quartese diretta da Daniela Porru mettendo in scena a Dicembre degli spettacoli di canti, poesie e brani di prosa.
Per le ben note vicende legate al Covid lo scorso Natale non abbiamo potuto tenere lo spettacolo, quindi vorremmo riproporvi alcuni dei brani di prosa e delle poesie degli scorsi anni.
Oggi vi proporremo due brani:
Chilivani e la leggenda della bella principessa Indiana
Si dice che Chilivani debba il suo nome all’amore del costruttore della ferrovia Cagliari‐Sassari, l’ingegnere gallese Benjamin Herbert Piercy, per una bellissima principessa Parsi. Un amore mai dimenticato, ma è davvero così?
L’ingegnere gallese già amico di Garibaldi e uomo dai molteplici interessi, colui che guidò la costruzione della ferrovia sarda in pieno ‘800, aveva avuto durante la precedente esperienza lavorativa in India (sempre in campo ferroviario), una bellissima amante, una principessa Parsi dal nome di Kiliwai.
È da credere che un’ardente e gentile fanciulla indiana possa essersi innamorata di un biondo ingegnere inglese, cosa che potrebbe essere anche vera.
La leggenda dice che non potendo dimenticarla decise di dare alla stazione ferroviaria presso Ozieri, il nome di lei, italianizzato in Chilivani.
In realtà, una volta che la leggenda di cui sopra si fu diffusa, si venne a sapere che in più antichi documenti della Mensa Vescovile di Alghero, datati 1643, tutta la zona veniva citata come “Su saltu de Quilivane” (cioè l’agro di Chilivani).
Il che non vuol dire che il Piercy non abbia davvero amato una bellissima donna indiana, dal nome simile all’agro ove doveva passare la ferrovia da lui costruita.
Potrebbe essergli sembrato un segno o uno scherzo del destino, così decise di dargli proprio quel nome.
I documenti riportati tolgono alla stazione di Chilivani quel fascino di mistero che l’avvolgeva, quel non so che di romantico, di sentimentale e di esotico che la leggenda le aveva conferito.
In compenso le restituisce il suo vero volto, la vera origine del suo nome e la sua sardità.
L’eroico ferroviere Francesco Carta
Sulla “Domenica del Corriere” del 13 giugno 1943 viene ricordata una vicenda di cui fu protagonista l’eroico macchinista Francesco Carta, in servizio presso il Deposito Locomotive della stazione di Cagliari.
Sul giornale, tratto da un articolo di Virgilio Lilli pubblicato sul “Corriere della Sera” insieme ad una illustrazione di Walter Molino che rappresenta l’accaduto, è citato l’episodio avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale con questa citazione:
“… ecco un aeroplano americano… volare contro un treno, mitragliandolo, / pronto a sollevarsi a tempo opportuno, convinto che il macchinista frenasse, si
buttasse alla campagna…
Ma il macchinista non fermò, lanciò il treno alla disperata contro l’aeroplano…
La locomotiva cozzò contro l’apparecchio… lo polverizzò…
E il treno continuò la sua corsa forsennata fino alla galleria”.
Il conducente della locomotiva è sopravvissuto all’accaduto per altri 30 anni, portando con sé come ricordo dell’avvenimento una scheggia conficcata nel suo collo.
Il prossimo post conterrà altri due brani del 2018, seguiteci con il consueto affetto.
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